L’Italia vanta la più antica tradizione nel campo dell’osservazione scientifica della meteorologia e della sismologia. È della metà del XVII secolo la nascita a Firenze della prima rete meteorologica, comprendente stazioni di rilevamento italiane e straniere. Si trattava del primo tentativo di raccolta sistematica di dati descrittivi e strumentali provenienti da luoghi geografici diversi, tramite l'utilizzo di strumenti omogenei e l'adozione di procedure di rilevamento il più possibile uniformi. Oggi la straordinaria collezione di strumenti di quella pionieristica iniziativa è conservata al Museo Galileo di Firenze.
Già dagli anni Trenta del Settecento, in Italia iniziarono i primi concreti tentativi di registrare i terremoti, prima con semplici sismoscopi, poi nei duecento anni successivi con strumenti sempre più sofisticati. L’intensa attività di progettazione di strumenti e di registrazione di fenomeni meteorologici e sismologici ha dato vita a una densissima rete di osservazione meteorologico-sismica costituita da osservatori pubblici, privati o afferenti ad alcuni ordini religiosi particolarmente attivi in questi settori scientifici: Barnabiti, Scolopi e Gesuiti. Sul fronte istituzionale nel 1876 nacque l’Ufficio Centrale di Meteorologia (UCM) che con successive modificazioni di denominazione e competenze è attualmente confluito nel Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria (CREA). Nel decennio successivo alla sua nascita, l’UCM assunse anche la competenza geodinamica, arricchendo la propria rete meteorologica con alcuni osservatori geodinamici di primo (Casamicciola, Rocca di Papa ecc.) e secondo ordine.
Questa plurisecolare attività ha prodotto un’immensa quantità di documentazione scientifica analitica (registrazioni su carte a inchiostro, su carta affumicata o fotografica) o di sintesi (bollettini, registri di osservatorio ecc.).
Dalla seconda metà del XIX secolo fino ai primi decenni del XX l’osservazione meteorologica e quella sismologica sono state condotte, nella maggior parte dei casi, nelle stesse sedi e dagli stessi studiosi. Le sedi di conservazione sono le più diverse, da quelle istituzionali, INGV e CREA, a quelle private Fondazione Osservatorio Ximeniano di Firenze, Osservatorio Geofisico Alberoni di Piacenza, Centro Studi Barnabiti, per citarne solo alcune. Molta documentazione è andata perduta o se ne sono perdute le tracce, la maggior parte è tuttavia ancora esistente e si ritiene opportuno evitare ulteriori dispersioni o perdite.
Il recupero di questa documentazione ha importanti risvolti scientifici oltre che culturali. Infatti, nella produzione di elaborati orientati alla mitigazione dei rischi da eventi naturali estremi, come terremoti ed eccessi climatici, è fondamentale la ricostruzione di lunghe serie di dati, da decine a centinaia di anni. La straordinaria ricchezza di questo patrimonio scientifico storico italiano consente, inoltre, una ricostruzione documentata dell’originale percorso disciplinare seguito da decine di studiosi in tutta l’Italia, prima in forma individuale poi in forma aggregata con la creazione delle prime reti meteorologiche e sismologiche, inizialmente per iniziativa privata e successivamente in ambito istituzionale. Questo immenso patrimonio, distribuito su numerose sedi di conservazione per la maggior parte non afferenti a INGV o CREA, ma talvolta riferite anche ad attività scientifica svolta in collaborazione con questi due enti, ha un grande valore culturale oltre che scientifico.
Oggi, i grandi centri di ricerca che potrebbero beneficiare dei dati prodotti da questa grande tradizione sono impegnati in importanti sfide che ‘guardano al futuro’ assorbendo tutte le loro risorse economiche e umane.